
Femminicidi: in estate la violenza aumenta.
Secondo i dati forniti da Maria Luisa Missiaggia, avvocato e presidente della onlus #Perteuomo con l’arrivo dell’estate i casi di violenza aumentano.
Anche Studio Cataldi, il quotidiano giuridico, condivide l’artico dell’Avv. Maria Luisa Missiaggia
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https://www.studiocataldi.it/articoli/35141-femminicidi-in-estate-la-violenza-aumenta.asp

Qual è il profilo della vittima che cade nella trappola dell’uomo violento?
A cura della psicologa Dottoressa Gabriella Cascinelli.
Sicuramente, sono persone che facilmente si fanno perdere dal senso di colpa. Il senso di colpa è un’arma potentissima, usata da tutti, genitori, figli, amici, datori di lavoro, coniugi, colleghi, ovviamente tutti coloro che vogliono qualcosa.
Ci sono vari tipi di ricattatori.
Abbiamo le cosiddette vittime, coloro che fanno sapere che se non si farà quel che desiderano, si ammaleranno, soffriranno staranno malissimo perché solo noi possiamo aiutarli.
Poi ci sono i punitivi, quelle figure che in modo esplicito diranno quello che vogliono, comprese le conseguenze a cui andrà incontro la vittima se non farà quello che chiedono.
Per ultimo abbiamo i seduttori coloro che faranno credere alla vittima prescelta di poterla riempire di regali solo facendo quello che loro chiedono.
https://studiodonneonlus.com/come-riconoscere-un-uomo-violento/
Ognuno di loro ha una capacità di rendere l’altro completamente cieco, di avvolgerlo nella nebbia della paura, del senso del dovere, di colpa, e così la vittima si sente persa, non riesce a controbattere, e se lo fa subito dopo si sente sbagliata, sporca, inutile ed entra in un vortice da cui non riesce più ad uscire.
Con la conseguenza che ogni giorno il ricatto diventa sempre più forte, più pressante e con esse le punizioni.
https://studiodonneonlus.com/attiva-la-prima-chat-anonima-per-uomini-vittime-di-violenza/

L’ultima vittima è una giovane donna di 25 anni uccisa dal suo ex marito più grande di lei di 10 anni , di origini tunisine. Rimasta ferita anche la sorella della vittima, coinvolta perché ha cercato di aiutare la propria sorella.
Il dato significativo che emerge ormai chiaramente, è il costante aumento del numero di violenze sulle donne e la ferocia con cui vengono messe in atto.
La giovane Marisa (così si chiamava) aveva più volte denunciato il suo ex marito, chiedendo aiuto, aiuto “ignorato” come ormai spesso accade dinnanzi a questi fatti.
Il carnefice dovrà rispondere sia per l’omicidio della moglie accoltellata con un solo colpo dritto al cuore, che di tentato omicidio per la sorella della donna, ricoverata all’ospedale Papa Giovanni di Bergamo. I medici l’hanno operata e, dopo l’intervento, non hanno sciolto la prognosi: accoltellata più volte all’addome ha riportato gravi lesioni interne.
Qualche mese fa le cronache hanno parlato del cd Codice rosso, un ddl che prevede una corsia preferenziale per le denunce, indagini più rapide sui casi di violenza alle donne e l’obbligo per i pm di ascoltare le vittime entro tre giorni dalla denuncia
Il Ministro Bonafede in quella occasione ha riassunto così la legge: “Quando una donna si rivolge allo Stato e alle forze di Polizia per denunciare una violenza che sta subendo, in quel momento quella circostanza e quella donna devono avere una corsia preferenziale, perché a volte anche un giorno può essere determinante per salvare la vita di quella donna.”.
E’ la seconda donna uccisa in provincia di Bergamo nel giro di due settimane, sempre per mano del proprio compagno o marito.
Ed è di qualche ora fa la notizia che arriva da Vercelli e riguarda sempre una donna, in questo episodio il suo ex le ha dato fuoco all’interno della sua auto, dopo averla insultata, picchiata e persino speronata. Le condizioni della donna sono gravissime, riporta ustioni per il 40 % del corpo. I due si erano lasciati da un paio d’anni, ma i litigi erano continuati.
Il ministro dell’Interno Matteo Salvini sollecita l’approvazione da parte del Parlamento del «codice rosso per le denunce delle donne che si sentono minacciate o molestate». Ed è della stessa idea la ministra per la Pubblica amministrazione, l’avv. Giulia Bongiorno, secondo cui «molte violenze nascono dalla discriminazione e troppe donne che denunziano non vengono aiutate».
E’ sull’onda di questa serie di aggressioni in costante aumento che è nato il progetto #PerTeUomo realizzato di Studiodonne Onlus dell’Avv. Maria Luisa Missiaggia. L’obiettivo è quello di riconoscere e curare le forme di dipendenza legate alla violenza per curare gli uomini maltrattanti e difendere le donne da ogni aggressione fisica o psichica. Il comportamento violento è una forma di dipendenza che, con un percorso di recupero ispirato a quello dei 12 passi previsto per la dipendenza dall’alcolismo e della tossicodipendenza, può trovare uno spiraglio di consapevolezza e cura. I gruppi di auto aiuto hanno ormai esperienza di recupero nelle dipendenze e nelle malattie cd dell’anima, gruppi dove la ricostruzione della personalità attraverso i tre pilastri della onestà, buona volontà ed impegno costante possono aprire uno spiragli odi cura e guarigione.
Partecipare alle riunioni e ascoltare il messaggio di ciascuno dei violenti attraverso la letteratura della letteratura come avviene per AA (Alcolisti Anonimi) può rappresentare una opportunità da non perdere.
https://studiodonneonlus.com/attiva-la-prima-chat-anonima-per-uomini-vittime-di-violenza/
La chat anonima creata e attiva su questo sito offre la possibilità alla persona con un problema, donna o uomo che sia, di essere ascoltato e partecipare alla creazione di un gruppo di recupero.
Per avere maggiori informazioni contattaci all’indirizzo email info@studiodonne.it.

#Violenza…ancora!
A cura della psicologa Dottoressa Gabriella Cascinelli
Ancora oggi dobbiamo leggere sui giornali la morte di una donna per mano del suo ex marito che non accetta di essere lasciato.
Signori è arrivato il momento di dover fare qualcosa di diverso da quello che è stato fatto finora e non parlo solo di giustizia penale, ma di presa di coscienza da parte di tutti noi. Quando parlo di presa di coscienza, parlo di aiuti concreti da dare ai soggetti dipendenti dalle loro compagne, madri, mogli.
Aiuti psicologici in cui si fa comprendere il perché della loro malattia e che cos’è che scatta dentro di loro, qual è la molla che li porta a uccidere pur di non perdere l’oggetto del proprio desiderio.
Perché non accettano di lasciare andare, di poter permettere all’altro di fare scelte diverse dalle loro, che cos’è che li porta a chiudere gli occhi e a perdere totalmente il senso della realtà… Questo cari signori dovremmo fare, non solo punire con la galera (quando avviene!) ma indirizzarli verso un percorso per divenire migliori, per poter cambiare dentro di loro la rabbia che li attanaglia e li rende schiavi della loro stessa follia.
♦️A #Natale, regala ai tuoi figli una famiglia unita, nonostante la separazione o il divorzio.
♦️Per un AFFIDO CONDIVISO, condividi.
#studiodonne
#separarsiconamoresipuó
“Insieme ci si può difendere” – Associazione StudioDonne Onlus – Roma

App contro la violenza di genere
App che possono salvare: la tecnologia può fare molto per la violenza di genere, può rispondere prontamente alle richieste di aiuto e/o indirizzare le donne che necessitano di aiuto.
Sono diverse le applicazioni che, grazie alla geolocalizzazione e la rete, riescono ad essere un valido supporto per donne in pericolo. Sono attive h24 e totalmente gratuite, mettono in contatto le donne con i numeri d’emergenza e con i centri antiviolenza più vicini.
Where are U
App ufficiale del 112, numero europeo dell’emergenza, connette automaticamente la donna in difficoltà alla centrale 112 più vicina. App adatta sia per android che iOS. Se non si può parlare c’è l’opzione chiamata silenziosa in cui si può indicare il tipo di intervento richiesto.
Quando viene effettuata la chiamata viene inviata automaticamente la posizione.
D.i.re
App gratuita e creata dalla rete D.i.re capace di mettere in contatto subito la donna con il centro antiviolenza più vicino. Anche questa app è compatibile per Android e iOS.
Le utenti possono registrarsi anche con profilo anonimo e nella app troveranno anche molte informazioni e la possibilità di creare un’agenda per annotare tutti i vari casi di violenza e maltrattamento subiti utili alla ricostruzione.
Shaw
Shaw è l’acronimo di Soroptimist Help Application Women, una rete internazionale di donne attive in campo di diritti umani diffusa oggi in 130 paesi per un totale di 176.000 socie. L’app è molto intuitiva e tradotta in 12 lingue.
App disponibile per Android i iOS, dedicata e rivolta alle donne che vogliono denunciare, possono mettersi in contatto con il 112, che con il 1522 numero messo a disposizione dal Dipartimento Pari Opportunità ed attivo dal 2006.
L’app segnala inoltre i centri antiviolenza più vicini e ha diverse sezioni tra cui legge in grado di dare le informazioni basilari di carattere giuridico.
Stalking buster
App prodotta da Fondazione Donna a Milano e Avenade Italy disponibile per Android, iOS e Windows phone. Permette di avere una mappa dettagliata del luogo in cui ci si trova, di chiamare il numero 112, un altro numero precedentemente impostato o lanciare un sms di emergenza con le proprie coordinate inserite.

La psicologia alla base della relazione violenta
In diversi articoli di questo blog abbiamo avuto modo di sottolineare che la violenza è trasversale e non fa distinzione di religione, classe sociale, età.
La violenza è qualcosa che si contagia, che si ripropone, che si emula.
Non ci sono cause specifiche e non valgono per tutte le relazioni tuttavia ci sono delle caratteristiche relazionali ricorrenti.
Sappiamo, per esempio, che nella stragrande maggioranza dei casi l’autore di violenza ha una conoscenza profonda della vittima: è il suo ex o il suo partner attuale.
Gli uomini maltrattanti sono solitamente instabili, passando da uno stato d’animo ad un altro in modo repentino, non gestiscono impulsi e frustrazioni.
Hanno uno smisurato bisogno di attenzioni e riconoscimento. Il rimanere soli o sentirsi respinti crea in loro un dolore tagliente e profondo che facilmente si trasforma in furia.
La perdita del controllo sulla donna è uno dei fattori scatenanti come tristemente ci ricorda la cronaca. Capita per esempio alla donna non vuole accetta una relazione violenta e malata, che con coraggio e forza riesce a prenderne le distanza ma poi viene uccisa.
Incapace di sentirsi davvero alla pari con l’altro faticano a confrontarsi e gestire i conflitti. Solitamente scelgono donne accudenti e dipendenti. Se hanno figli commetteranno l’errore di trasmetter loro che nel mondo c’è uno che comanda che corrisponde all’uomo e una che subisce, la donna.
Un figlio di un uomo violento è ad alto rischio di riproporre lo stesso modello violento del padre, come accennato nelle prime righe dell’articolo.
Stessa cosa vale per donne che hanno avuto padri violenti: il rischio nel loro caso è di trovare un uomo che ripropone la medesima violenza.
In questo articolo parliamo sempre di rischio e di maggiore probabilità che non equivale a certezza.
Una relazione violenta si basa sul principio di non parità tra i due coniugi.
Nel precedente articolo abbiamo già parlato dei vari tipi di violenza che si possono attuare: psicologica, economica e fisica.

25 novembre: una data non casuale
Il 25 novembre come giornata mondiale contro la violenza sulle donne viene istituita nel dicembre 1999 dalle Nazioni Unite, risoluzione 54/134.
La data viene scelta come simbolica, il 25 novembre infatti viene ricordato il sacrificio delle sorelle domenicane Mirabal.
L’Italia ha iniziato a celebrare la data del 25 novembre dal 2005.
Le sorelle Mirabal
Tre sorelle nate tra il 1924 e il 1935 hanno una cosa in comune: sono morte tutte il 25 novembre del 1960.
Erano chiamate Las mariposas, le farfalle.
Patria, Minerva e Maria Teresa Mirabal erano attiviste della Repubblica Domenica contro la tirannia di Rafael Leonidas Trujillo al potere dal 1930.
Le tre attiviste nel 1960 diedero vita al Movimento 14 giugno al quale presero parte anche i rispettivi mariti e pian piano si espanse in tutto il paese.
La polizia riuscì a identificare gli appartenenti al Movimento 14 giugno e arrestò molti dei suoi componenti tra cui le tre sorelle e i rispetti mariti.
Dopo diversi mesi le tre donne vennero rilasciate mentre continuarono a tenere in prigione i mariti.
Il 25 novembre 1960
In questa data le tre sorelle stavano andando a fare visita ai mariti in carcere accompagnate dall’autista Rufino de La Cruz, furono intercettate dalla polizia e furono condotte in un canneto in cui furono sottoposte a terribili crudeltà.
I loro corpi vennero poi messi nel veicolo e in cui viaggiavano e gettate in un precipizio così da simulare un incidente stradale.
L’uccisione delle sorelle Mirabal produsse un gran moto di sdegno nell’opinione pubblica domenicana e portarono all’uccisione del dittatore Trujillo nel 1961.
Nel 1995 l’autrice Julia Alvarez pubblicò il libro Il tempo delle farfalle da cui nel 2001 fu tratto il film In the time of butterflies con l’attrice Salma Hayek.
Il colore simbolico del 25 novembre
Mentre in diversi Paesi è l’arancione, in Italia è sempre stato preferito il rosso come colore simbolico di questa data internazionale.

Femminicidio: una parola aggiunta recentemente nel nostro vocabolario per indicare l’uccisione di una donna per opera del partner o ex.
E’ un neologismo dibattuto in quanto fa riferimento a una specificità del più ampio concetto di omicidio.
Femminicidio non è una parola coniata dalla stampa. Per la prima volta fu utilizzata dalla criminologa Diana Russell nel 1992 nel libro Feminicide.
Fino a quel momento, il termine utilizzato era uxoricidio che deriva dal latino uxor moglie e faceva specifico riferimento all’uccisione della moglie in quanto coniuge.
Non esisteva una parola specifica che facesse riferimento all’uccisione di una donna in quanto tale.
Secondo la Russell le società patriarcali usano il femminicidio come forma di controllo e punizione. La “colpa” della donna è quella di essersi opposte al potere dell’uomo.
Nel primo rapporto mondiale sul tema del 2012 Rashida Manjoo, relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla violenza contro le donne, dichiara che gli omicidi di genere sono tollerati e socialmente giustificati raggiungendo proporzioni allarmanti in tutto il mondo.
Femminicidio: l’evoluzione del termine
L’antropologa messicana Marcela Lagarde estese per prima il termine femmicidio anche a casi di maltrattamenti e strupri subiti dalle donne sudamericane.
In Italia il termine viene introdotto nel 2008 dalla consulente ONU in materia di violenza di genere, Barbara Spinelli con la pubblicazione di un libro dal titolo: Femminicidio. Dalla denuncia sociale al riconoscimento giuridico internazionale.
Il femminicidio non si configura come un caso isolato, ma come l’ultimo epilogo di un ciclo di violenza.
La linguista Valeria della Valle, linguista e docente all’Università La Sapienza di Roma, spiega in questo video l’origine del termine femminicidio.
Il piano giuridico italiano
Da un punto di vista prettamente giuridico per femminicidio si intende l’uccisione della donna per mano del coniuge o ex partner.
Sulla base delle indicazioni proveniente dalla Convenzione del Consiglio d’Europa, fatta ad Istanbul nel 2011, in Italia viene approvata la legge 119/2013 che mira a rendere più aspre le pene per gli autori di violenza.