A cura dell’Avv. Maria Luisa Missiaggia e dell’Avv. Maria Giulia Fenoaltea
Quando lo stalker uccide la vittima, si configura un concorso di reati ovvero trattasi di un reato complesso?
Il reato di atti persecutori, meglio conosciuto come stalking e disciplinato dall’art. 612-bis del nostro codice penale, punisce chiunque con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno cagionandogli un perdurante e grave stato di ansia o di paura, causando altresì nello stesso un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva. Tale reato, secondo la legge, si configura altresì quando la vittima viene costretta ad alterare le proprie abitudini di vita.
Ciò posto, per rispondere al quesito suesposto è necessario chiarire cosa si intente per reato complesso e per concorso di reati.
COSA SI INTENDE PER REATO COMPLESSO?
Un reato è complesso quando la legge considera come elementi costitutivi, o come circostanze aggravanti di un solo crimine, fatti che costituirebbero unilateralmente un reato.
A titolo esemplificativo la rapina è un reato complesso perché è composta dagli elementi tipici del delitto di furto e della violenza privata o dalla minaccia.
COSA È UN CONCORSO DI REATI?
Il concorso di reati, invece, si configura è quando una persona commette più fatti criminosi, con più condotte oppure con un’unica azione.
In altre parole, l’istituto del concorso di reati presuppone che siano state commesse più condotte criminose.
IL CASO
Una donna veniva uccisa da una sua collega, facendola precipitare dalle scale successivamente ad un litigio.
La donna, prima del decesso, aveva subito ripetute condotte persecutorie da parte dell’imputata nel corso del rapporto lavorativo. In particolare l’imputata la offendeva in più occasioni, appellandola con epiteti ingiuriosi alla presenza di più persone, ricercando il contatto fisico violento con la stessa, con finalità vessatoria e minacciosa e lasciandole messaggi offensivi e minacciosi: il luogo di lavoro era divenuto insopportabile per la vittima.
La Corte d’Assise d’Appello di Roma, affermava la responsabilità dell’imputata per i reati di omicidio doloso aggravato e atti persecutori e riconoscendo il vincolo della continuazione tra le due fattispecie, stabiliva l’aumento di pena per il concorso di reati.
Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso in Cassazione il Procuratore Generale e la difesa dell’imputata.
IL CONTRASTO GIURISPRUDENZIALE
Sul punto, un primo orientamento afferma il principio secondo cui il delitto di atti persecutori non è assorbito da quello di omicidio aggravato ai sensi dell’art. 576 c.p., comma 1, n. 5.1, non sussistendo una relazione di specialità tra tali fattispecie di reato.
Un diverso orientamento, ha invece affermato il principio secondo cui sussiste concorso apparente di norme tra il delitto di atti persecutori e quello di omicidio aggravato ex art. 576 c.p., comma 1, n. 5.1, che deve considerarsi quale reato complesso ai sensi dell’art. 84 c.p., comma 1, assorbendo integralmente il disvalore della fattispecie di cui all’art. 612 bis c.p., ove realizzato al culmine delle condotte persecutorie poste in essere in precedenza dall’agente ai danni della medesima persona offesa.
COSA HA STABILITO LA CASSAZIONE?
La corte di cassazione rimette alle Sezioni unite la soluzione del seguente quesito: in caso di concorso tra i fatti-reato di atti persecutori e di omicidio aggravato ai sensi dell’art. 576, comma 1, n. 5.1, c.p., sussiste un concorso di reati, ai sensi dell’art. 81 c.p., o un reato complesso, ai sensi dell’art. 84, comma 1, c.p., che assorba integralmente il disvalore della fattispecie di cui all’art. 612-bis c.p. ove realizzato al culmine delle condotte persecutorie precedentemente poste in essere dall’agente ai danni della medesima persona offesa ?” (Cass. Pen. sez. V, 01/03/2021, n.14916)
Siamo quindi in attesa della pronuncia delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione
Sul punto: https://studiodonne.it/2020/02/05/i-limiti-del-divieto-di-avvicinamento-per-stalking/
Il tema della violenza sulle donne è, purtroppo, sempre un tema centrale e nonostante le forti campagne di sensibilizzazione, nell’ultimo anno abbiamo visto un innalzamento significativo dei casi di femminicidio, violenze e stalking. I dati forniti dal numero verde 1522 (aiuto e sostegno alle vittime di violenza o stalking) evidenziano, infatti, un forte aumento delle richieste di aiuto di vittime di violenza nell’anno 2020 (aumento che passa da circa 4300 richieste ad 8600, un aumento del 100% in più rispetto al 2019!).
Da cosa può essere determinato questo aumento così grave?
L’anno 2020 è stato un anno molto particolare per la vita di tutti; la pandemia da Coronavirus ha, infatti, costretto la maggior parte della popolazione a rimanere chiusa all’interno delle proprie abitazioni e questa, per i casi di violenze, non è mai una buona situazione (Un altro articolo in tema di violenze in estate e perché aumentano: https://www.studiocataldi.it/articoli/35141-femminicidi-in-estate-la-violenza-aumenta.asp ). Spesso il cambio della routine e l’essere costretti a trascorrere più tempo insieme rispetto al normale fa si che sorgano dei dissidi, delle divergenze e dei lati del carattere di ogni persona che precedentemente erano sconosciuti. Nei casi più gravi portano alla violenza ed ai maltrattamenti. È bene sottolineare che nello scorso anno le donne sono andate anche incontro alla enorme difficoltà che si aveva nel denunciare questi casi (che già normalmente richiedono una grande forza di volontà per essere portati all’attenzione della polizia) aggravata dal fatto che la forzata convivenza, nella maggior parte delle situazioni, non permetteva di trovare dei momenti di “sicurezza” e solitudine in cui chiamare e denunciare l’accaduto.
La disciplina legislativa in materia di violenza di genere
Nel 2013, a seguito di un anno molto difficile in tema di femminicidi e violenza sulle donne, è stato emanato un provvedimento legislativo del Parlamento (Legge n. 119/2013) ribattezzato “Legge sul femminicidio”.
L’inserimento di questa legge ha portato alla modifica di alcuni articoli del Codice Penale ed all’inserimento di apposite aggravanti. È stata modificata innanzitutto la disciplina dello stalking (sono molto numerosi i casi di stalking che le donne subiscono da parte degli uomini) aggiungendo l’aggravante nel caso in cui la vittima fosse una donna in stato di gravidanza oppure nel caso in cui il colpevole fosse il coniuge, anche separato o divorziato, o una persona a cui la vittima è stata legata da relazione affettiva (articolo 612bis c.p.).
La nuova disciplina dello stalking è anche stata estesa ai casi di violenza sessuale che, quindi, se commessa verso il coniuge o ex coniuge o nei confronti di una donna in stato di gravidanza vedrà, per il colpevole, un aumento della pena.
La legge sul femminicidio ha, inoltre, introdotto una nuova misura precautelare con l’articolo 384bis c.p.p. che permette alla polizia giudiziaria, a seguito dell’autorizzazione del pubblico ministero, di allontanare d’urgenza dalla casa familiare colui che si macchia dei reati di abuso dei mezzi di correzione, violazione degli obblighi di assistenza familiare, stalking, violenze, pedopornografia, prostituzione e minaccia grave. Fondamentale è, dunque, l’immediatezza tramite cui la polizia giudiziaria può procedere, proprio dettata dalle situazioni di estrema necessità e dal pericolo di reiterazione dei comportamenti su specificati. È addirittura previsto il giudizio direttissimo per chi è stato d’urgenza allontanato dalla casa familiare, in modo tale da convalidare l’arresto entro quarantotto ore successive a meno che ciò non possa compromettere le indagini.
Legge codice Rosso del 2019
Nel 2019 sono state adottate nuove misure per prevenire e contrastare ulteriormente la violenza di genere, la cosiddetta “Legge Codice Rosso”. Tramite questa legge si è inserito l’obbligo per la polizia giudiziaria di comunicare immediatamente al pubblico ministero qualsiasi notizia di reato ricevuta nei casi di maltrattamenti, violenza sessuale, lesioni o atti persecutori che vengano commessi in un contesto familiare o di convivenza, senza alcun tipo di valutazione discrezionale sul grado di urgenza della segnalazione. A seguito della segnalazione da parte della polizia il pubblico ministero avrà l’obbligo di ascoltare la vittima del reato entro un termine massimo di tre giorni così da rendere le eventuali misure cautelari da mettere in atto il più tempestive ed efficaci possibile.
A cura dell’Avv. Maria Luisa Missiaggia, con la collaborazione di Ludovico Raffaelli

La psicologia alla base della relazione violenta
In diversi articoli di questo blog abbiamo avuto modo di sottolineare che la violenza è trasversale e non fa distinzione di religione, classe sociale, età.
La violenza è qualcosa che si contagia, che si ripropone, che si emula.
Non ci sono cause specifiche e non valgono per tutte le relazioni tuttavia ci sono delle caratteristiche relazionali ricorrenti.
Sappiamo, per esempio, che nella stragrande maggioranza dei casi l’autore di violenza ha una conoscenza profonda della vittima: è il suo ex o il suo partner attuale.
Gli uomini maltrattanti sono solitamente instabili, passando da uno stato d’animo ad un altro in modo repentino, non gestiscono impulsi e frustrazioni.
Hanno uno smisurato bisogno di attenzioni e riconoscimento. Il rimanere soli o sentirsi respinti crea in loro un dolore tagliente e profondo che facilmente si trasforma in furia.
La perdita del controllo sulla donna è uno dei fattori scatenanti come tristemente ci ricorda la cronaca. Capita per esempio alla donna non vuole accetta una relazione violenta e malata, che con coraggio e forza riesce a prenderne le distanza ma poi viene uccisa.
Incapace di sentirsi davvero alla pari con l’altro faticano a confrontarsi e gestire i conflitti. Solitamente scelgono donne accudenti e dipendenti. Se hanno figli commetteranno l’errore di trasmetter loro che nel mondo c’è uno che comanda che corrisponde all’uomo e una che subisce, la donna.
Un figlio di un uomo violento è ad alto rischio di riproporre lo stesso modello violento del padre, come accennato nelle prime righe dell’articolo.
Stessa cosa vale per donne che hanno avuto padri violenti: il rischio nel loro caso è di trovare un uomo che ripropone la medesima violenza.
In questo articolo parliamo sempre di rischio e di maggiore probabilità che non equivale a certezza.
Una relazione violenta si basa sul principio di non parità tra i due coniugi.
Nel precedente articolo abbiamo già parlato dei vari tipi di violenza che si possono attuare: psicologica, economica e fisica.

Aiutare una donna che subisce violenza: da dove iniziare
E’ sempre difficile convivere con il sospetto che una persona a cui vogliamo bene possa essere vittima di violenza.
Possiamo provare stati contrastanti, dalla rabbia al dubbio: chiediamo se sia giusto intervenire sulla base di un solo sospetto e certe remore aumenteranno se conosciamo oltre che la vittima anche il maltrattante (che ai nostri occhi non ha mai avuto comportamenti violenti).
Affrontare un caso di violenza ci impone di entrare in contatto con emozioni forti, ma anche con i nostri pregiudizi e ci impone una scelta.
I segnali di allarme
Una donna che subisce violenza si può riconoscere da alcuni indicatori:
- psicologici: una donna che subisce violenza esprime paura, panico, depressione, scarsa autostima, agitazione e colpevolizzazione.
- fisici: contusioni, bruciature, lividi, aborti spontanei, disordini alimentari
- comportamentali: isolamento sociale, ritardi sul lavoro, racconti incongruenti
Cosa fare
La cosa che possiamo fare è chiederglielo apertamente in un momento di tranquillità. La donna deve sentirsi in uno spazio sicuro.
La donna che subisce violenza tenderà a provare vergogna, temere che il compagno o ex lo possa venire a sapere, avrà paura di non essere creduta.
E importante non fare sentire sola la donna, offrire il proprio aiuto senza giudicare.
Evitare di improvvisare consigli e rivolgiti ai professionisti. Non scordare che si tratta di situazioni pericolose e complesse che potrebbero mettere in pericolo anche te se non gestite bene.
Come comportarci
Non mettere in dubbio i racconti e non stupirti se emergeranno sentimenti contrastanti della donna verso il maltrattante;
Ricordale che non esiste alcuna giustificazione per violenze e maltrattamenti;
Cerca di capire da quanto tempo la donna subisce violenza, se c’è stata una escalation e se in casa ci sono delle armi.
Non prendere iniziative senza prima averle concordate con la donna. La tua vicinanza e il tuo sostegno saranno fondamentali in questo momento;
Una delle paure più grandi delle donne è perdere i figli, solitamente l’uomo violento le minaccia dicendole che le farà perdere i figli. Ricordale che non è una cattiva madre.
Dalle il numero di un centro specifico rassicurandola che lì riceverà aiuto e sostegno.
Gli esperti di Studiodonne Onlus sono a disposizione 24 ore su 24. Contattaci