![relazione violenta](https://studiodonneonlus.com/wp-content/uploads/2018/10/relazione-violenta.jpg)
La psicologia alla base della relazione violenta
In diversi articoli di questo blog abbiamo avuto modo di sottolineare che la violenza è trasversale e non fa distinzione di religione, classe sociale, età.
La violenza è qualcosa che si contagia, che si ripropone, che si emula.
Non ci sono cause specifiche e non valgono per tutte le relazioni tuttavia ci sono delle caratteristiche relazionali ricorrenti.
Sappiamo, per esempio, che nella stragrande maggioranza dei casi l’autore di violenza ha una conoscenza profonda della vittima: è il suo ex o il suo partner attuale.
Gli uomini maltrattanti sono solitamente instabili, passando da uno stato d’animo ad un altro in modo repentino, non gestiscono impulsi e frustrazioni.
Hanno uno smisurato bisogno di attenzioni e riconoscimento. Il rimanere soli o sentirsi respinti crea in loro un dolore tagliente e profondo che facilmente si trasforma in furia.
La perdita del controllo sulla donna è uno dei fattori scatenanti come tristemente ci ricorda la cronaca. Capita per esempio alla donna non vuole accetta una relazione violenta e malata, che con coraggio e forza riesce a prenderne le distanza ma poi viene uccisa.
Incapace di sentirsi davvero alla pari con l’altro faticano a confrontarsi e gestire i conflitti. Solitamente scelgono donne accudenti e dipendenti. Se hanno figli commetteranno l’errore di trasmetter loro che nel mondo c’è uno che comanda che corrisponde all’uomo e una che subisce, la donna.
Un figlio di un uomo violento è ad alto rischio di riproporre lo stesso modello violento del padre, come accennato nelle prime righe dell’articolo.
Stessa cosa vale per donne che hanno avuto padri violenti: il rischio nel loro caso è di trovare un uomo che ripropone la medesima violenza.
In questo articolo parliamo sempre di rischio e di maggiore probabilità che non equivale a certezza.
Una relazione violenta si basa sul principio di non parità tra i due coniugi.
Nel precedente articolo abbiamo già parlato dei vari tipi di violenza che si possono attuare: psicologica, economica e fisica.
![aiutare](https://studiodonneonlus.com/wp-content/uploads/2018/10/aiutare.jpg)
Aiutare una donna che subisce violenza: da dove iniziare
E’ sempre difficile convivere con il sospetto che una persona a cui vogliamo bene possa essere vittima di violenza.
Possiamo provare stati contrastanti, dalla rabbia al dubbio: chiediamo se sia giusto intervenire sulla base di un solo sospetto e certe remore aumenteranno se conosciamo oltre che la vittima anche il maltrattante (che ai nostri occhi non ha mai avuto comportamenti violenti).
Affrontare un caso di violenza ci impone di entrare in contatto con emozioni forti, ma anche con i nostri pregiudizi e ci impone una scelta.
I segnali di allarme
Una donna che subisce violenza si può riconoscere da alcuni indicatori:
- psicologici: una donna che subisce violenza esprime paura, panico, depressione, scarsa autostima, agitazione e colpevolizzazione.
- fisici: contusioni, bruciature, lividi, aborti spontanei, disordini alimentari
- comportamentali: isolamento sociale, ritardi sul lavoro, racconti incongruenti
Cosa fare
La cosa che possiamo fare è chiederglielo apertamente in un momento di tranquillità. La donna deve sentirsi in uno spazio sicuro.
La donna che subisce violenza tenderà a provare vergogna, temere che il compagno o ex lo possa venire a sapere, avrà paura di non essere creduta.
E importante non fare sentire sola la donna, offrire il proprio aiuto senza giudicare.
Evitare di improvvisare consigli e rivolgiti ai professionisti. Non scordare che si tratta di situazioni pericolose e complesse che potrebbero mettere in pericolo anche te se non gestite bene.
Come comportarci
Non mettere in dubbio i racconti e non stupirti se emergeranno sentimenti contrastanti della donna verso il maltrattante;
Ricordale che non esiste alcuna giustificazione per violenze e maltrattamenti;
Cerca di capire da quanto tempo la donna subisce violenza, se c’è stata una escalation e se in casa ci sono delle armi.
Non prendere iniziative senza prima averle concordate con la donna. La tua vicinanza e il tuo sostegno saranno fondamentali in questo momento;
Una delle paure più grandi delle donne è perdere i figli, solitamente l’uomo violento le minaccia dicendole che le farà perdere i figli. Ricordale che non è una cattiva madre.
Dalle il numero di un centro specifico rassicurandola che lì riceverà aiuto e sostegno.
Gli esperti di Studiodonne Onlus sono a disposizione 24 ore su 24. Contattaci
![separazione](https://studiodonneonlus.com/wp-content/uploads/2018/10/separazione.png)
Davanti ai tragici fatti di cronaca la domanda è sempre la stessa: si poteva evitare? La vittima poteva salvarsi?
Perchè non ha chiesto aiuto?
La violenza si può prevenire in qualche modo?
Molto spesso la violenza è il fatto eclatante a cui si arriva dopo un lungo percorso di manipolazioni.
I campanelli di allarme ci sono e li abbiamo già trattati in questo articolo, la cosa importante è riconoscerli.
Difficile stilare l’identikit del violento, non esistono fasce culturali e sociali di riferimento. La violenza riguarda tutti come suggerisce il criminologo Duccio Scatolero in questo articolo.
Si può guarire dalla violenza?
Si, chiedendo aiuto e facendosi aiutare. Il progetto #perteuomo promosso dalla nostra Associazione applica il metodo dei 12 passi già utilizzato dagli Alcolisti Anonimi in più di 160 paesi al mondo.
Diversi uomini sono riusciti a uscire dalla spirale della violenza con un percorso di consapevolezza.
L’ossessione
Come abbiamo detto, la violenza solitamente è il fatto eclatante. Ma l’atto violento solitamente è preceduto da una serie di campanelli d’allarme ignorati o sottovalutati dalla vittima.
La separazione da un uomo violento è generalmente difficile e tortuosa.
Generalmente il maltrattante dopo la prima manifestazione violenta, tenta di riconquistare la donna con false promesse, gesti eclatanti e folli regali.
Dopo una prima violenza, ne seguirà un’altra.
L’uomo violento entra poi nelle vesti del bisognoso giocando sul senso di colpa che prova la vittima nel lasciarlo solo.
Il processo di separazione quindi è difficile e tortuoso, molto spesso la donna tenterà di tornare sui suoi passi, di dare al violento un’altra chance.
Dietro molte storie di violenze psicologiche, economiche, fisiche si nascondono infinite solitudini delle vittime che faticano a denunciare, a chiedere aiuto.
La paura cresce, si abbassa l’autostima, si sottovaluta il pericolo, ci si sente giudicate, sale la vergogna, si tende a tenere tutto per sè.
L’importanza di chiedere aiuto
In casi di violenza è fondamentale chiedere aiuto. Per questo abbiamo attivato la chat anonima per dare la possibilità a tutte/i di contattarci, di chiedere aiuto, di non sentirsi più soli.
![sorelle mirabal](https://studiodonneonlus.com/wp-content/uploads/2018/10/sorelle-mirabal.jpg)
25 novembre: una data non casuale
Il 25 novembre come giornata mondiale contro la violenza sulle donne viene istituita nel dicembre 1999 dalle Nazioni Unite, risoluzione 54/134.
La data viene scelta come simbolica, il 25 novembre infatti viene ricordato il sacrificio delle sorelle domenicane Mirabal.
L’Italia ha iniziato a celebrare la data del 25 novembre dal 2005.
Le sorelle Mirabal
Tre sorelle nate tra il 1924 e il 1935 hanno una cosa in comune: sono morte tutte il 25 novembre del 1960.
Erano chiamate Las mariposas, le farfalle.
Patria, Minerva e Maria Teresa Mirabal erano attiviste della Repubblica Domenica contro la tirannia di Rafael Leonidas Trujillo al potere dal 1930.
Le tre attiviste nel 1960 diedero vita al Movimento 14 giugno al quale presero parte anche i rispettivi mariti e pian piano si espanse in tutto il paese.
La polizia riuscì a identificare gli appartenenti al Movimento 14 giugno e arrestò molti dei suoi componenti tra cui le tre sorelle e i rispetti mariti.
Dopo diversi mesi le tre donne vennero rilasciate mentre continuarono a tenere in prigione i mariti.
Il 25 novembre 1960
In questa data le tre sorelle stavano andando a fare visita ai mariti in carcere accompagnate dall’autista Rufino de La Cruz, furono intercettate dalla polizia e furono condotte in un canneto in cui furono sottoposte a terribili crudeltà.
I loro corpi vennero poi messi nel veicolo e in cui viaggiavano e gettate in un precipizio così da simulare un incidente stradale.
L’uccisione delle sorelle Mirabal produsse un gran moto di sdegno nell’opinione pubblica domenicana e portarono all’uccisione del dittatore Trujillo nel 1961.
Nel 1995 l’autrice Julia Alvarez pubblicò il libro Il tempo delle farfalle da cui nel 2001 fu tratto il film In the time of butterflies con l’attrice Salma Hayek.
Il colore simbolico del 25 novembre
Mentre in diversi Paesi è l’arancione, in Italia è sempre stato preferito il rosso come colore simbolico di questa data internazionale.
![femminicidio](https://studiodonneonlus.com/wp-content/uploads/2018/10/Femminicidio.jpg)
Femminicidio: una parola aggiunta recentemente nel nostro vocabolario per indicare l’uccisione di una donna per opera del partner o ex.
E’ un neologismo dibattuto in quanto fa riferimento a una specificità del più ampio concetto di omicidio.
Femminicidio non è una parola coniata dalla stampa. Per la prima volta fu utilizzata dalla criminologa Diana Russell nel 1992 nel libro Feminicide.
Fino a quel momento, il termine utilizzato era uxoricidio che deriva dal latino uxor moglie e faceva specifico riferimento all’uccisione della moglie in quanto coniuge.
Non esisteva una parola specifica che facesse riferimento all’uccisione di una donna in quanto tale.
Secondo la Russell le società patriarcali usano il femminicidio come forma di controllo e punizione. La “colpa” della donna è quella di essersi opposte al potere dell’uomo.
Nel primo rapporto mondiale sul tema del 2012 Rashida Manjoo, relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla violenza contro le donne, dichiara che gli omicidi di genere sono tollerati e socialmente giustificati raggiungendo proporzioni allarmanti in tutto il mondo.
Femminicidio: l’evoluzione del termine
L’antropologa messicana Marcela Lagarde estese per prima il termine femmicidio anche a casi di maltrattamenti e strupri subiti dalle donne sudamericane.
In Italia il termine viene introdotto nel 2008 dalla consulente ONU in materia di violenza di genere, Barbara Spinelli con la pubblicazione di un libro dal titolo: Femminicidio. Dalla denuncia sociale al riconoscimento giuridico internazionale.
Il femminicidio non si configura come un caso isolato, ma come l’ultimo epilogo di un ciclo di violenza.
La linguista Valeria della Valle, linguista e docente all’Università La Sapienza di Roma, spiega in questo video l’origine del termine femminicidio.
Il piano giuridico italiano
Da un punto di vista prettamente giuridico per femminicidio si intende l’uccisione della donna per mano del coniuge o ex partner.
Sulla base delle indicazioni proveniente dalla Convenzione del Consiglio d’Europa, fatta ad Istanbul nel 2011, in Italia viene approvata la legge 119/2013 che mira a rendere più aspre le pene per gli autori di violenza.
![uomo violento](https://studiodonneonlus.com/wp-content/uploads/2018/10/basta-mafalda.jpg)
Uomo violento: come si riconosce?
L’amore non è mai violenza e chi ci fa credere che tramite la violenza ci ama di più va allontanato immediatamente
Nonostante i centri di ascolto e aiuto per le vittime e un aumento dell’azione punitiva voluta dalla legge sul femminicidio il terribile trend della violenza di genere non tende a diminuire, anzi.
La violenza è trasversale, non è collegata nè ad una condizione economica che culturale. Spesso gli autori di violenza sono uomini colti ma emotivamente immaturi con un problema con il “controllo”.
I maltrattanti non si presentano da subito come violenti, anzi. Si presentano come una sorta di principe azzurro.
All’inizio della relazione tenderanno a coprire la donna di regali, attenzioni e sorprese.
Ma questo è solo l’inizio perchè pian piano con la confidenza tenderanno a mostrarsi per quello che realmente sono.
Inizialmente l’estrema attenzione può essere frainteso con il bisogno irrefrenabile di controllo.
Facciamo un esempio concreto: mandare innumerevoli messaggi può essere letto come un gesto di attenzione ma potrebbe celare un bisogno di controllo dell’autore di violenza.
Sapere sempre dove e con chi è la donna, cosa fa, che posti frequenta.
Ovviamente questo è solo un esempio e non tutti gli uomini abituati a mandare molti messaggi sono per questo violenti.
L’uomo violento, tenderà a mutare quei comportamenti iniziali da principe azzurro in denigrazione, screditamento, violenza tutte le volte che la donna non si comporta come lui vorrebbe.
Le giustificazioni dell’uomo violento
Solitamente alla prima manifestazione di violenza che lascia senza fiato la vittima, ci sono delle frasi e delle scuse ricorrenti:
amore scusa ero arrabbiato non volevo
amore scusa ho fatto una cosa terribile non succederà mai più
amore devi capirmi, mi hai provato e io ho sbagliato
ho fatto questo perchè mi hai fatto arrabbiare, chiunque mi darebbe ragione
Gli uomini violenti fanno sentire così in colpa la vittima e responsabili della violenza subita. La donna comincia a perdere fiducia in sè stessa e sentendosi in colpa minimizza o nasconde il problema.
Come salvarsi da un uomo violento
La violenza si combatte rompendo il silenzio. Parlando e chiedendo aiuto ad associazioni come studiodonne onlus.
![](https://studiodonneonlus.com/wp-content/uploads/2018/10/violenza-sulle-donne.jpg)
Per sconfiggere la violenza contro le donne non bastano le leggi. E’ il triste dato che abbiamo sotto gli occhi.
Perché è importante occuparsi di uomini maltrattanti
Obiettivo 5 dell’Agenda 2030 della Nazioni Unite: Parità di Genere
![12 passi](https://studiodonneonlus.com/wp-content/uploads/2018/10/12-passi.jpg)
12 passi per combattere la violenza contro le donne
Il metodo dei 12 passi nasce con gli Alcolisti Anonimi ed è oggi diffuso in più di 160 paesi.
L’associazione Alcolisti Anonimi nasce nel 1935 dall’incontro di due ex alcolisti che, per mantenere la propria sobrietà, hanno dato vita ad AA, un’associazione di mutuo aiuto dove chi ha smesso di bere, per mantenersi sobrio, aiuta chi ha difficoltà ad uscire dalla dipendenza.
I 12 passi, sono 12 fasi, un programma di recupero, un percorso spirituale ma anche un cambiamento di stile di vita.
Con il tempo il metodo dei 12 passi è stato esteso anche ad altri tipi di dipendenza: ludopatia, bulimia, dipendenza da sostanze stupefacenti.
Da questa premessa nasce la volontà dell’Associazione Studiodonne di applicare il metodo dei 12 passi agli uomini violenti grazie al progetto #perteuomo
I 12 PASSI
I primi tre step: l’affidarsi
- Abbiamo ammesso di essere contro per la violenza e che le nostre vite erano diventate ingestibili.
2. Ora crediamo che un Potere più grande di noi stessi potrebbe riportarci alla sanità mentale.
3. Abbiamo preso la decisione di trasformare la nostra volontà e le nostre vite in affidamento a Dio quando abbiamo creduto in Dio.
Quarto, quinto, sesto, settimo: guardare dentro sé stessi
- Abbiamo Realizzato un inventario morale di ricerca senza paura di noi stessi.
5. Abbiamo Ammesso a Dio, a noi stessi e ad un altro essere umano la natura esatta dei nostri torti.
6. Siamo completamente pronti ad avere Dio rimuovere tutti questi difetti di carattere.
7. Umilmente abbiamo chiesto a Dio di rimuovere i nostri difetti.
Ottavo, nono, decimo, undicesimo, dodicesimo: L’ammenda e il recupero
- Abbiamo fatto una lista di tutte le persone che abbiamo danneggiato, e siamo diventate disposte a fare ammenda a tutti loro.
9. Abbiamo fatto delle ammende dirette a tali persone, laddove possibile, eccetto quando farlo ferirebbe loro o altri.
10. Abbiamo continuato a fare l’inventario personale e quando abbiamo sbagliato lo abbiamo ammesso immediatamente.
11. Abbiamo Ricercato attraverso la preghiera e la meditazione per migliorare il nostro contatto cosciente con Dio, come abbiamo creduto in Dio, pregando solo per la conoscenza della volontà di Dio per noi e il potere di portarlo avanti.
12. Avendo avuto un risveglio spirituale come risultato di questi Passi, abbiamo cercato di portare questo messaggio agli altri e di praticare questi principi in tutti i nostri affari.
I figli delle vittime di femminidio sono tutelati dalla legge in vigore dal 16 febbraio 2018. Sono doppiamente orfani, figli di un padre omicida e di una madre assassinata. La nuova tutela si applica ai figli minori e ai maggiorenni non economicamente autosufficienti della vittima di femminicidio. Ecco cosa prevede la legge: Gratuito patrocinio per […]